L’Addio alla Terra Lontana
L’Addio alla Terra Lontana
Parto dal mio paese, occhi velati,
le case, il fiume, i monti un sogno perso;
lascio gli occhi dei volti tanto amati,
e porto un grido muto nell’universo.
I prati dove fui bambino e vivo,
le strade dove corse il mio destino,
ora svaniscono in pensier tardivo,
come un abbraccio dolce e clandestino.
Dove saranno i volti familiari,
le mani forti, il caldo abbraccio caro?
Mi avvolgo solo in venti solitari,
dentro il respiro di un cammino amaro.
Sul ciglio, mia madre al pianto incline,
mio padre, muto, guarda senza dire;
di tutto ciò che ho amato resta il fine,
e l’anima si piega nel soffrire.
Se tornerò? Chi sa leggere il fato?
L’oceano sfida e il cuore mio si spezza;
ogni promessa resta lì sospesa,
come un ricordo che il silenzio apprezza.
Le mani degli amici, i vecchi canti,
la festa che mi accolse un dì festante,
oggi svaniscono tra passi erranti,
nella speranza d’un ritorno errante.
In ogni via, pietra, cielo e prato,
c’è inciso un addio che resta eterno;
il mio cammino è un sogno abbandonato,
e il mondo è un inverno senza ritorno.
E i canti della sera, le risate,
le voci che riempivan le mie ore,
lascio indietro, assieme alle speranze,
come un seme perduto senza fiore.
Partire è un lento addio che svuota l’anima,
è un passo fra memorie e nuove strade;
lasciando il cuore e l’ultima mia fiamma,
è dire addio ai monti e alle contrade.
Oh, terra mia che a poco a poco svanisce
nel soffio d’un mattino senza luce;
mi chiedo se potrò mai esser felice
o se, senz’essa, l’anima mia tace.
Così, passo per passo, sono l’ombra
che cerca un volto caro e ormai distante;
nel cuore, il grido in me si trasforma,
sussurra al mondo un addio dolente.